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Divieto di sosta: può diventare reato penale?
I guidatori che parcheggiano in doppia fila possono rischiare, insieme alla sanzione pecuniaria, l'applicazione del reato penale. Quest’ultimo si manifesta tutte le volte in cui c’è consapevolezza di compiere una condotta vietata oppure di intralciare un servizio di pubblica utilità.

Il divieto di sosta è una delle violazioni più frequenti degli automobilisti italiani e viene regolato dall’articolo 158 del Codice della Strada.
Il comma 5 dello stesso capo stabilisce per le violazioni del comma 1 (ad esempio sosta sui dossi e nelle curve oppure sugli attraversamenti pedonali e sui marciapiedi) e delle lettere d), g) e h) del comma 2 una sanzione amministrativa di importo compreso tra 41 e 168 euro per i ciclomotori e i motoveicoli a due ruote e da 87 a 344 euro per i restanti veicoli.
Per altre tipologie di sosta vietata (ad esempio allo sbocco dei passi carrabili, in seconda fila, davanti ai cassonetti) la sanzione amministrativa scende a un importo compreso tra i 25 e i 100 euro per i ciclomotori e i motoveicoli e da 42 a 173 euro per i restanti veicoli.
Tuttavia, in alcuni casi, il divieto di sosta può portare all’applicazione di un illecito penale.
Ecco quando diventa reato penale
In alcune sentenze della Corte di Cassazione gli automobilisti sono stati puniti oltre la semplice sanzione pecuniaria.
La Suprema Corte ha infatti considerato il parcheggio in divieto di sosta come reato di violenza privata (articolo 610 del Codice Penale), che si concretizza tutte le volte in cui c’è consapevolezza di compiere una condotta vietata oppure di intralciare un servizio di pubblica utilità.
È il caso, ad esempio, dell’automobilista che parcheggia in prossimità dell’ingresso riservato alle ambulanze, una situazione in cui è evidente l’intento di creare un intralcio. Il reato di violenza privata si manifesta anche nel bloccare un passo carrabile, impedendo ad altri soggetti di accedere o uscire con il proprio veicolo dal garage. A tal proposito, è bene ricordare la sentenza numero 2006/2014 della Cassazione di Taranto, che ha condannato un automobilista per aver lasciato la propria vettura in sosta per due giorni di fronte al box di proprietà di un altro condomino. Questo comportamento aveva infatti impedito al proprietario del garage di adoperare la propria macchina, limitando la proprietà privata.
Divieto di sosta: come fare ricorso?
Le multe per divieto di sosta possono essere impugnate davanti al Giudice di Pace (entro trenta giorni dalla notifica, pagando 43 euro) o al Prefetto (entro 60 giorni), in entrambi i casi inviando una raccomandata a/r. Qualora si scegliesse il Prefetto, è bene tenere a mente che il ricorso si considera vinto anche nell’eventualità di una mancata risposta entro duecentodieci giorni dall’invio della raccomandata.
Divieto di sosta: la sanzione può essere rateizzata?
L’articolo 202 bis del Codice della Strada consente di dilazionare la sanzione "a chi è titolare di un reddito imponibile ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, risultante dall'ultima dichiarazione, non superiore a euro 10.628,16". Se il trasgressore convive con il coniuge o altri soggetti, il reddito massimo sarà la somma degli introiti di ciascuno dei componenti della famiglia: in questo caso, la soglia del reddito massimo viene alzata di 1.032,91 euro per ogni soggetto facente parte del nucleo domestico. Inoltre, per usufruire della dilazione è necessario che l’importo del verbale abbia un ammontare non inferiore ai 200 euro.
La richiesta per il pagamento a rate deve essere presentata al Prefetto, quando il verbale viene elevato dalla Polizia di Stato o dall'Arma dei Carabinieri o dalla Guardia di Finanza, oppure al Sindaco, se si è sanzionati dalla Polizia Municipale, entro 30 giorni dall’infrazione.
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